lunedì 18 maggio 2015

Lettera da Tiziano Incani


I lettori che non sono originari di Bergamo o Brescia forse non ne avranno sentito parlare, ma in area orobica nessuna celebrità è più famosa del Bepi. 
Al secolo si chiama Tiziano Incani (link al suo sito). Anche se ascolto le sue canzoni da molto tempo, l'ho conosciuto di persona soltanto lo scorso autunno. Pochi giorni fa, mi ha scritto le sue impressioni su Le colpe dei padri. 

Ma prima, facciamo un po' di mente locale questo personaggio.


Compositore, musicista, cantante dialettale e presentatore di un noto programma locale, Tiziano è un'autentica rock star alpina. Il suo percorso discografico comincia nel 1995; il personaggio del Bepi è nato qualche tempo dopo, quasi per gioco. Con il tempo le cose sono cambiate: le poche decine di fan sono diventate centinaia, poi migliaia. Oggi i suoi sostenitori sono una folla che trasforma ogni suo concerto in un evento.

Con il tempo, anche l'approccio del Bepi alla musica è cambiato. Ridere fa sempre bene, mi ha raccontato quando l'ho conosciuto, ma c'è anche altro nella vita: occorre riflettere e ricordare. Per questo nei suoi dischi più recenti compaiono affreschi umani e temi decisamente seri, dal disastro del Gleno all'integrazione razziale; un'evoluzione tematica che si accompagna a inaspettate sperimentazioni musicali - alcune delle quali davvero memorabili: rock, canto lirico, swing, jodel, metal, country, tutti declinati al bergamasco. In ogni caso, anche se ora è "maturato" e si è tolto la parrucca che usava agli inizi, il Bepi non si prende mai troppo sul serio e non rinnega il retroterra goliardico che lo ha reso quel che è - ne sono dimostrazione le sue proverbiali camice.

Io gli sono grato per un motivo molto personale: sono state le sue canzoni, insieme a quelle di Luciano Ravasio, a farmi nascere la passione per la cultura e il linguaggio di Bergamo, senza i quali Le colpe dei padri non sarebbe esistito. L'ho contattato perché volevo ringraziarlo per questo ruolo di divulgatore, e per aver scelto di inserire nel suo repertorio le canzoni del tipo "nuovo", che mi hanno spinto a non considerarlo più soltanto "uno che fa ridere" ma un artista completo e capace, uno da cui assorbire gli accenti e la memoria delle mie radici.

Non sono un gran lettore, mi ha confidato quando ci siamo incontrati, vicino a Clusone, però il tuo libro lo leggo. Prometto che ci provo.

Per il livello di dettaglio del suo contenuto storico, sono consapevole che Le colpe dei padri possa essere una lettura impegnativa per chi non legge molto. L'impatto iniziale, soprattutto, richiede un certo sforzo di immaginazione e di memoria. Ma conoscevo l'amore del Bepi per Bergamo, ed ero sicuro che il suo interesse per il passato della nostra terra fosse solido (sulla storia recente ne sapeva più di me!), perciò ero fiducioso.

Da allora, di quando in quando, mi aggiornava sulla lettura che procedeva. A gennaio 2015 mi ha invitato  a partecipare come "notaio" a una puntata del Bepi Quiss. È stato divertentissimo!
Poi, alcuni giorni fa, mi ha scritto questo:

Ciao Livio. Non ci crederai, ma sono arrivato in fondo al tuo libro!


Che emozione, ho pensato, uno dei miei cantautori preferiti ha letto il mio romanzo!
Gli ho subito chiesto qualche parere, e lui mi ha gentilmente autorizzato a divulgare la sua risposta. Attenzione, il brano che segue contiene SPOILER: non proseguite nella lettura se non avete già letto il romanzo (ricordo che potete cercarlo in alcune di queste librerie, oppure ordinarlo su Amazon da questo link). 

Di tutti i personaggi de "Le colpe dei padri" quello a cui, forse un po' banalmente, ci si affeziona di più è proprio la popolana Nera.

Anche il Bepi fa il tifo per Nera, dunque! A quel punto ero curiosissimo di sapere il perché:

Persino troppo perfetta, a volte, nel suo ruolo di "brava ragazza": ponderata, premurosa, intelligente, accorta, umile, saggia. Non si può dire che sprigioni proprio sensualità o che induca in tentazione, ma forse proprio per contrappasso, il pensiero un po' viene. 

Questa cosa mi ha colpito: non avevo mai considerato una simile dinamica. Da cosa poteva essere scaturita?

Di certo Nera è femmina e ce ne si ricorda sempre. Si tende istintivamente a voler riequilibrare il suo status di vittima innocente e a restituirle quel diritto alla sensualità sancito da madre natura. 

Un senso di riscatto, dunque: attraverso il riconoscimento del "diritto alla sensualità" negata di Nera, Tiziano aveva provato un'istintiva attrazione verso di lei, mossa forse dal quel naturale istinto maschile di protezione verso la bellezza femminile. Interessante!

Anche Crotto ha il suo perchè, e ancor di più il suo alter ego Scür Fósk: chi di noi non sogna di poter diventare un giustiziere capace di incutere timore senza averne, di sfruttare le tenebre anzichè esserne sopraffatto? 

Diversi lettori hanno osservato che Crotto è un po' sacrificato dalla trama; meno male che a Tiziano è piaciuto! Nel seguito delle Colpe, che sto scrivendo, magister Crotto avrà molta più importanza: in effetti sono le sue azioni e le sue decisioni la causa principale dell'azione.

Ma, per conto mio, non è esente da fascino nemmeno il cattivo Marco Visconti: le incommensurabili forza e determinazione lo rendono simile a certi personaggi dei film americani non troppo sfumati, dove il più forte è il più forte e basta, senza star lì tanto a farla lunga, che in fondo nessuno spettatore ne avverte il bisogno. Peccato alla fine si riveli essere dalla parte "sbagliata". Del resto, Livio, tu non sei un rozzo regista stelle e strisce dell'epoca della guerra fredda. 

Ti ringrazio, Tiziano!

L'unico che proprio non fa altro che repulsione è il bavaro Ludwig: nulla mi toglie dalla testa che in lui tu abbia voluto vedere l'immagine della perennemente detestata Germania, temuta ma anche derisa, alla quale non bastarono mai nemmeno improvvide alleanze in ogni epoca per veder ribaltata l'italica antipatia nei suoi confronti.

Un'altra riflessione interessante, nei suoi parallelismi storici; nella narrazione delle Colpe ho cercato di mantenermi neutrale e di riportare i fatti nel modo più coerente possibile con le fonti, tuttavia è innegabile che un tocco personale nella caratterizzazione dei personaggi ci sia stato. Come popolo e come aspiranti sovrani d'Europa, i tedeschi del Trecento sono senz'altro molto diversi dai tedeschi del Novecento e del Duemila, tuttavia è sempre bizzarro notare come, a distanza di secoli, situazioni e fatti storici tornino a manifestarsi in forme somiglianti.

Per concludere, ecco il suo giudizio complessivo:

Molto, molto bello e scritto benissimo. Alcune cose non le ho capite, tipo la Ègia di cadéne o la strana piena del Serio, ma mi è piaciuto un sacco.
Wow!
Grazie delle tue parole, Tiziano. Mi riempie di felicità e di orgoglio il pensiero di averti restituito, in un'altra forma e un altro campo artistico, quel piacere della riscoperta che tante volte mi hai dato tu con le tue canzoni.

Fa niente se non capiamo proprio tutto: ci saranno altre occasioni, magari, altri libri. Dopo questa esperienza, sono ancora più convinto che sia possibile guardare il mondo con occhi colmi di meraviglia; anche il nostro mondo, piccolo e famigliare: basta avere in mente una nuova storia o una canzone che ci mostrino quei luoghi con maggiore profondità di campo. Perché è questo che noi facciamo, secondo me.

Un grande abbraccio, a Tiziano e a tutti i lettori che mi seguono.
Buona continuazione!

venerdì 20 marzo 2015

Lettera da Gabriella Magrini

Cari lettori,

Riporto oggi, con il permesso dell'autrice, la lettera inviatami della giornalista Gabriella Magrini, autrice Sperling & Kupfer, Frassinelli e Superbur, che fra gli altri ha scritto diversi romanzi storici. Ci siamo conosciuti alcuni mesi fa a Bergamo, alla libreria IBS di via XX Settembre, in occasione di una mia presentazione.

Bergamo, 14-1-2015

A Livio Gambarini, autore del romanzo Le colpe dei padri. 

Le comunico le impressioni che ho tratto dalla lettura del suo romanzo, che sono diverse e positive,

Anzitutto i pregi della sua opera: una scrittura trasparente e precisa, una scrittura "di testa" che rappresenta un medioevo sulle orme di Umberto Eco ma con una leggerezza più amabile. 

La mescolanza tra personaggi storici e inventati è ricca e ben amalgamata: suggerisce immagini storiche vive e precise: l'Imperatore tedesco disceso a ramazzare danaro e potere ma incapace di sostenere il proprio gioco, i Visconti che si accapigliano fra loro nella corsa ad affermarsi, le popolazioni che vivono alla giornata seguendo i ritmi dei propri mestieri e le credenze depositate dai secoli nelle loro vallate. 

I fatti tramandati fedelmente dalla storia si legano alle vicende individuali dei personaggi e danno loro uno spessore di realtà: la giovanissima e avventurosa Nera si prende spazio non appena mette piede nella pagina, Azzone Visconti riesce a malapena a stare nel gioco politico ma ha la resistenza di chi vuol arrivare ad ogni costo, il dottore mancato Crotto è quasi patetico nei suoi tentativi di tornare a galla. 

Ma la vera protagonista, a mio avviso, è la gente dei paesi e delle valli che vive nelle sue case e nei suoi mercati. La ricerca storica è approfondita e capace di dare il quadro della vita che sta attorno alle vicende, e il linguaggio affianca la storia seguendola nei vari ambienti (ma non sono un po' troppe, nonostante il glossario, le espressioni dialettali per un lettore che non sa niente di bergamasco?) 

C'è un solo punto negativo, a mio avviso. Manca l'amore. Manca una storia che s'insinui tra le altre e crei qualche stralcio, o qualche pagina più esplicita di calore umano. Perché l'amore c'è sempre, nelle vicende umane: bisogna solo trovarlo.

Concludendo queste brevi note, mi ha veramente colpito il fragoroso, superbo finale nel quale il paesaggio, la natura, i personaggi e le immagini balenanti delle antiche superstizioni esplodono in quel torrente che trascina tutto a valle. Veramente geniale. 

Ho saputo proprio oggi che il tuo prossimo romanzo è già finito e lo vedremo in primavera. Forse una storia che scaturisce dalla prima, oppure nuovi tempi e nuovi cieli? Comunque: segui la tua stella e "Buona fortuna", perché anche la fortuna ci vuole. 

Un cordialissimo saluto,

Gabriella Magrini